
Cause emotive della Hashimoto e come trovare la propria voce e imparare ad esprimere le proprie emozioni represse
La settimana scorsa avevo iniziato a condividere con te la storia del mio viaggio verso una possibile remissione dall’ipotiroidismo di Hashimoto, raccontandoti ed analizzando possibili cause e cure dolci. Grazie per le numerose e-mail e commenti e suggerimenti di lettura che ho ricevuto in risposta. Ho preparato una “scaletta” in modo da non perdere di vista nessuno dei temi offerti, soprattutto se testati su di me, e la loro validità.
Quando sono andata, circa quattro cinque anni fa, da un medico ayurvedico italiano e gli ho raccontato il motivo della mia visita legata alla volontà di risolvere le cause della mia tiroidite di Hashimoto, lui mi disse: “l’organo della tiroide rappresenta il controllo. Per qualche motivo, in una fase della tua vita, ti sei trovata con un senso di perdita di controllo, impotenza e insicurezza tale che questo evento ti ha drammaticamente scosso a livello emotivo”. Poi aggiunse: “non riesci ad esprimerti in maniera ideale per te, ti senti come se ti mancasse la voce”.
La verità è che questo dialogo e la prima “diagnosi” mi hanno fatto riflettere su quanto, in un periodo molto delicato della mia vita, le continue incomprensioni e discussioni con mia madre, fossero state la causa di un vero e proprio trauma per me. Mi ricordo per filo e per segno il periodo che vivevo: ero particolarmente stressata, laureata da qualche anno avevo trovato lavoro in un’altra città (dovevo svegliarmi alle 05.30 ogni mattina per prendere un autobus, poi un treno e poi fare altri 20 minuti a piedi per raggiungere il luogo di lavoro e di nuovo tutto da capo la sera, al ritorno), condividevo un appartamento con altri due ragazzi studenti e “casinari”, la mia famiglia era lontana ed i miei ritmi lavorativi facevano sì che la mia vita sociale fosse miseramente ridotta quasi a zero. A dire la verità, non mi sentivo depressa, ma continuamente arrabbiata e sul piede di guerra. Sembrava che tutti gli altri stessero bene, tranne me. Mi sentivo anche molto sola, abbandonata, e di sicuro molto impotente. Il fatto che mia madre, con i suoi modi duri, invece che aiutarmi, mi facesse sentire sbagliata e totalmente incompresa, ha aggravato questo mio stato d’animo di guerra, che mi ha accompagnato per degli anni.
Ora, a ripensare al fatto che la maggioranza della popolazione mondiale che ha la tiroidite di Hashimoto (o un qualche problema di tiroide) è di sesso femminile, mi viene in mente che la ragione sia legata al fatto che noi donne, in qualche periodo della nostra vita, ci sentiamo impotenti, senza controllo, incomprese, soffocate e incapaci di intravedere la luce della nostra vera espressione. E’ come se ci mancasse di sapere come siamo veramente fatte, per via di tutti gli insegnamenti, i condizionamenti che abbiamo ricevuto e per la nostra innata indole da crocerossina, che si deve prendere prima cura degli altri e poi di se stessa.
Tornando alla questione del mio evento traumatico, credo sia stato proprio la combinazione di uno stress elevato a livello fisico e uno stress emotivo che mi portavo addosso da troppo tempo. Mi ricordo, dopo questa situazione, di aver avuto per notti consecutive sogni in cui urlavo all’infinito senza che nessuno mi sentisse e che questo mi provocava una grande angoscia. Perché nessuno mi capisce? Perché neanche lei mi capisce? Questo malessere è durato credo almeno per tre o quattro anni, fino a quando finalmente ho preso la decisione di cambiare: casa, amici, luogo in cui vivevo e lavoro.
In quel periodo della mia vita, seguivo uno schema sociale sottinteso: laurearsi, trovare lavoro a tempo indeterminato, fidanzarsi (con finalità di sposarsi e fare famiglia), comprare la casa e la macchina. Ma io, per come sono fatta, soffrivo a seguire un iter preconfezionato senza neanche sapere perché lo facevo, mi faceva sentire miserabile. Mi svegliavo certe mattine con la continua sensazione di trovarmi fuori posto. Sapevo che c’era di più e di meglio di questo, per me, ma non sapevo come trovarlo. Ero solo certa di volermi liberare, ribellare (ecco perché ero continuamente arrabbiata dentro) ma poi c’era sempre qualcosa che me lo impediva. Avevo poco più di trent’anni con la scaletta pronta delle cose da fare e non ero felice (mentre scrivo e mi ricordo questi eventi mi sto toccando il collo perché mi sento soffocare). Il mio grande passo è stato un ritiro di meditazione di due settimane in cui scoprii che non ero l’unica ad essere infelice, senza motivo apparente. E da lì, con un passo minuscolo alla volta, ho iniziato a capire chi ero io. Ho iniziato a scegliere nuove compagnie, più affini ai miei interessi, a scrivere un diario, ho tinto i cappelli di castano scuro (per poi tornare bionda dopo soli sette giorni), insomma ho iniziato una mia piccola sperimentazione della realtà alla ricerca della felicità.
Ho mantenuto in tutti questi anni l’inclinazione ad occuparmi molto degli altri, anche senza che loro mi chiedessero nulla. Come ti dicevo nell’articolo della settimana scorsa, percepire le persone e le loro difficoltà senza che me lo dicano verbalmente, mi ha portato uno carico di stress a volte troppo eccessivo. In particolar modo, per quanto riguarda le persone a me strettamente vicine, percepisco in anticipo i problemi che avranno e li “spingo” a modificare eventi e situazioni della loro vita, anche loro malgrado, in modo da ricevere meno danni. Anche questo però non ha giovato al mio benessere. A volte non riesco ad esprimermi perché sembra che debba far sempre prima qualcosa per accontentare gli altri, ormai se lo aspettano da me.
Il fatto di restare connessa con le mie emozioni, i miei credo, è stato per me di vitale importanza, tutta la mia vita. E la mia condizione di salute mi ha insegnato a lavorare sempre di più sulla ricerca del mio spazio, anche se questo comporterà occuparmi meno degli altri. Quello che voglio specificare però è che per me il problema non è mai stato nell’atto di dare e aiutare, né nella volontà stessa di farlo. Anzi, mi ha sempre procurato un senso di benessere sapere che i miei cari fossero “al sicuro”. Tuttavia spesso mi sono dimenticata di me, forse consolandomi con la convinzione di avere io la forza di “cavarsela da sola” che a loro mancava. Ora, questa mia ricerca, ha la volontà di occuparsi di me. Che non è un gesto egoistico, ma significa imparare a porre limiti, esprimere le mie difficoltà nell’aiutare (non negandolo mai) e anche un po’ pretendere che le mie condizioni vengano rispettate.
Come trovare la propria voce e imparare ad esprimere le proprie emozioni: Tiroidite di Hashimoto e la paura di esprimere ciò che sento.
Posso anche pensare di essere una persona che non ama imporre le cose e spesso discuto verbalmente con le persone a me più care su quanto avrei bisogno anch’io di ricevere aiuto e su come ci saranno cambiamenti una volta che avrò fatto modifiche ai miei comportamenti. Il risultato? Questo mio incessante spiegare il perché devo cambiare o porre limiti alla mia disponibilità (come se mi sentissi anche un po’ in colpa) mi fa sentire frustrata perché in fondo è come se attendessi da loro una validazione e approvazione delle mie emozioni e dello stato in cui mi trovo.
In tutto questo racconto di oggi (che conclude la mia storia cronologica dell’evolversi della patologia fino alla sua scoperta) volevo sottolineare quanto il riuscire a trovare la propria voce e la propria espressività giovi alla tiroide. Meno stress, più sorrisi fanno si che i tuoi ormoni tornino in armonia e questo avrà un sicuro impatto anche sul tuo stato generale di benessere. In particolare, da amica, ti darei alcuni consigli su Come trovare la propria voce:
- Affronta lo stress emotivo traumatico e scopri il tuo nemico: qualsiasi approccio al cambio della alimentazione potrà portare solo benefici parziali se la tua parte emotiva non partecipa con serenità. Questo stress può non riguardare solo episodi dell’infanzia, ma anche eventi che ti hanno condizionato da adulta e che in qualche modo lì per lì non sei riuscita ad elaborare (gravidanza, divorzio, menopausa, cambio di città e di ambiente – sono alcune delle apparentemente piccole cause). Saprai tu meglio degli altri cosa e quale episodio ti ha fatto sentire come se ti mancasse il controllo, o soffocata, zittita, repressa o annullata. Oppure, più di tutti, non compresa. Il modo migliore per elaborare questo stress è parlando con un professionista, con una persona cara, con un operatore olistico di tua fiducia. Infine, anche solo ammettere con te stessa che quell’evento è successo e che per te è reale e vero, cambierà molte cose.
- Esprimiti in modo naturale e più creativo per te: puoi iniziare a liberare il flusso delle emozioni anche attraverso un mezzo di comunicazione o di espressione che trovi autenticamente tuo. Può essere la scrittura creativa, iniziare una nuova attività lavorativa, fare il viaggio del mondo oppure semplicemente ritagliarti tempo e spazio per te e le cose che ti interessano. Cose che, mentre le fai, ti fanno sentire al 100% te stessa, libera e felice.
- Occupati prima di te stessa che degli altri: persino nel caso di incidente aereo viene consigliato che genitori si mettano la maschera d’ossigeno prima dei loro figli. Non puoi essere d’aiuto agli altri se non sei in equilibrio e se ti senti continuamente spesa per risolvere la vita degli altri. Questo porre dei limiti, anche se sei una persona simile a me, può diminuire tanto lo stress che deriva dal sentirsi responsabili delle scelte degli altri.
- Non devi chiedere approvazione o permesso per validare le tue emozioni o esperienze: ricordati che se una cosa è vera per te, allora è vera. Non hai bisogno di nessun altro che ti dica che te lo sei immaginata, che sei pazza o che la cosa non è successa. Naturalmente intendo dirti che è sempre utile essere disposti a discutere una situazione o un emozione se ti senti al sicuro, con una persona che abbia voglia di accoglierti e di non giudicarti. Ma altrettanto, sii disposta a non sentirti male se la persona non concorda con te.
- Concediti la libertà di sperimentare la felicità, anche a piccoli passi. Il vero obiettivo per scoprire la tua espressività e’ sperimentare. Ti consiglio di concederti anche solo un’ora a settimana per fare ciò che autenticamente ti rende felice.
Mi piacerebbe sapere qual è il tuo modo ideale di esprimerti. Come è la tua storia? Ti senti di aver già trovato la tua voce oppure sei ancora incerta? Fammi sapere lasciando un commento qui sotto o scrivendomi una mail.
cara Ivy come non condividere ciò che hai scritto? Io ho ricordi anche della mia infanzia su come tutti mi indicavano i miei doveri verso le mie 6 sorelle minori e di quanto, come sorella maggiore, avessi l’obbligo di riconoscere sul nascere tutti i loro bisogni. Fin da allora i miei bisogni sono stati dimenticati. Nel 2016, come già ti ho detto nei mesi scorsi, ho scoperto di soffrire di tiroidite di Hashimoto e la mia vita è cambiata. Grazie all’endocrinologa che mi sta curando e ad una serie di “coincidenze” che, per come ragiono ora preferisco chiamare “incontri di forze energetiche empatiche”, nelle quali hai trovato un posto importante anche tu, ho iniziato a pensare ad una vita diversa, a ciò che veramente voglio. Oggi sono sempre disponibile e aperta verso gli altri ma compatibilmente con i miei bisogni, sia in termini di tempo che di interessi, consapevole che la mia salute dipende assolutamente dal mio equilibrio fisico, mentale e soprattutto, ho capito, anche emotivo.
Ciao Ivy, non sapevo di questa relazione tra l’organo della tiroide e il controllo o meglio l’impotenza. mi riconosco appieno in molte cose descritte nel tuo articolo e mi ritrovo nella difficoltà a prendere le distanze (sane) dai miei famigliari per poter esprimere me stessa. ma soprattutto mi sento spesso in colpa quando mi arrabbio perché non mi sento rispettata nei miei bisogni. Quindi appena passata l’arrabbiatura tutto torna come prima perché mi metto nei panni delle persone prima ancora che me lo chiedano e quindi i miei desideri finiscono per ultimi oppure me ne occupo di sera tardi quando però sono stanca morta. grazie per la tua condivisione, mi fa riflettere.
Cara Ivy sono profondamente colpita dalle tue parole, abbiamo la stessa malattia, stessa origine emotiva, stesse problematiche caratteriali. Per quanto mi riguarda ho sempre avuto l’impressione di riuscire a trovare la mia voce nel ballo, nella bicicletta, nel viaggio e nella scrittura. Purtroppo però il conflitto tra quella parte di te che chiede libertà e quella che deve trovare un ruolo nella società per me è ancora in corso e non so quando terminerà. Grazie per la tua dolcezza e per dispensare in maniera limpida consigli tratti da esperienze così riservate. Sei una persona fantastica!
Ciao Francy, sono felice per poter aiutare..in fondo aiuto anche me aiutando :-). Sì, lo so l’equillibrio non è mai assoluto, ma almeno camminare sullo sentiero con la consapevolezza è già un grande passo. Un abbraccio!
Non serve che io trovi la mia voce. Questo articolo potrei averlo scritto io, tanto mi calza a pennello! Il tuo stato d’animo è lo stesso mio, il tuo aiutare gli altri e non prenderti cura di te, è la stessa cosa che ho sempre fatto io. Insomma, mi riconosco appieno in ciò che hai scritto. Apprezzo quindi anche i tuoi consigli e cercherò di seguirli. Bellissimo articolo. Complimenti!
Ciao Rossana, molte lettrici mi hanno scritto in privato dicendo quello che provi tu. In fondo, allora, è la nostra educazione o sensibilità femminile ad indurci a non prendersi cura di noi stesse? Ti abbraccio!